Quello che non hai capito

Quello che non hai capito

Tra tutte le cose dolorose che ogni tanto la mia memoria pesca a caso, ne esiste una a cui non avevo mai pensato che è arrivata ieri mattina, come un’epifania.  È  sapere che, un giorno che non ha una data, ho smesso di darmi il permesso di dimostrati quanto ti amavo.

Quello che sopportavo, evidentemente, mi sembrava già una prova sufficiente  o forse era un carico che soffocava tutto il resto. Fatto sta che ho smesso.

Smesso di accarezzarti solo per gusto di farlo, di abbracciarti senza il peso di volerti trattenere, di prenderti la mano con leggerezza senza che diventasse un test delle tue emozioni.

Ho blindato le attenzioni, le dolcezze fini a se stesse, gli sguardi per vederti e non per cercare di capire i perché.

Non ci sono state più le risate senza l’alone scuro delle lacrime passate e di quelle che temevo, sapevo, sarebbero tornate.

Tutto quello che facevo si era trasformato in un modo per farti vedere il dolore che traboccava da tutte le parti di me. E per cercare di convincerti a tornare indietro, come eri, come eravamo quando per la prima volta ho nascosto la faccia nella tua giacca bagnata.

Mi ero dimenticata di farti vedere quanto ti amavo, finché me ne sono dimenticata anche io.

Mi sembrava giusto raccontarti di questo pezzetto mancante, trovato per caso, come la scheggia di qualcosa andato in mille pezzi nascosta per anni sotto il divano.

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