Briciole (insignificante frantume che può farti ritrovare la strada) – 1

Briciole (insignificante frantume che può farti ritrovare la strada) – 1

Il lusso, sostantivo che mi è quasi completamente sconosciuto, nella mia immaginazione, unico luogo dove posso trovarlo, ha una specifica definizione: bello e comodo.

Sul bello non mi pronuncio e fingerò di credere che sia una questione soggettiva.

Il comodo invece non si discute.

Il comodo è qualcosa di facile. Facilissimo.

Tipo poter aprire la finestra, uscire e finire con i piedi nel mare, mangiare in pigiama ancora a letto.

Doversi vestire fichissimi per avere accesso alla cena, camminare chilometri, prendere due ascensori, poi destra, in fondo a sinistra, corridoio, destra, altro ascensore, sinistra, rampa di scale per arrivare alla piscina che chiude alle 17.00 e sono le 17.03, non è da considerarsi facilissimo.

Ma nemmeno facile. Quindi non lusso.

Hai vinto solo per il letto, St. Regis.

Dove ci saremmo stati in sedici e c’erano cuscini da farne una dependance.


 

Ho sempre avuto una certa sensibilità verso gli oggetti smarriti.

Giochi dimenticati sui sedili dei treni, anelli solitari sui bordi dei lavandini di un autogrill, giornali sfogliati solo dal vento buttati su una panchina.

Oggetti soli vestiti di malinconia.

Mi sono sempre chiesta dove finissero, poi.

Se sono rimasti lì per sempre aspettando il ritorno o se qualcuno si era permesso di farli suoi portandoli altrove, lontani da quella che un tempo era stata casa.

Qualunque sia il caso, il solo pensiero mi strizza un po’ il cuore.

Ho la sindrome dell’abbandono.

Anche per gli oggetti inanimati.

Pensateci quando vi credete fichi e fondamentali perché mi vedete piangere mentre chiudete la porta dietro di voi.


 

Ci lamentiamo delle nostre attitudini, della testa dura, del bisogno costante di andare fino in fondo anche se si intravede un muro, anche se avevamo promesso a noi stesse che non lo avremmo fatto mai più.

Ma siamo discendenti di Eva.

Una che non si fa dire di no, che disobbedisce prendendosi le responsabilità, tutte, anche quelle non sue.

Disposta a far accostare il suo nome a qualsiasi epiteto pur di andare a vedere oltre, scavalcare il muro, rischiare, colorare fuori dai bordi che qualcun altro ha tracciato.

Rialzare la testa e proseguire, ancora.

Più che puttana Eva forse andava fatta santa.


 

Esistono posti che raggiungono solo i detentori di sensibilità sommozzatrici quando si incontrano.

Quando incrociano gli sguardi, le mani, le labbra, i pensieri.

Posti che gli altri, al sicuro in superficie, non vedranno mai, non sapranno immaginare, si racconteranno che non esistono.


 

Caro Mare, non avercela con me.

Ti passo vicino con sguardo apparentemente distratto, non una carezza, una confidenza detta a bassa voce, un momento per restare soli. Non lo faccio di proposito, è che ti cammino a fianco con la testa piena di voci non mie che mi riempiono il tempo e si masticano i pensieri. Non avercela con me, Mare, perché mi piaci sempre e ti porto negli occhi. Anche quando li chiudo per cercare il sonno.

Ti prometto che presto ci vedremo, staremo insieme, non ci saranno gli altri.

E cambierò lavoro.

Aspettami.


 

Sono quasi sempre in ritardo.

Forse per questo non so stare dietro alle mode, sono lenta. Infatti non faccio foto dove mangio gli spaghetti, non conosco i filtri giusti e non ho cose poetiche da dire su settembre e su quanto sia più fico l’autunno invece che l’estate.

Perché l’estate è diventata come il Natale, se ti piace sei sfigato.

Ecco, io sono assolutamente sfigata e sono più felice scazzata in spiaggia che allegra con il cappotto.

 

 

 

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