Attenzione, l’immagine ha il solo scopo di presentare il prodotto.

Attenzione, l’immagine ha il solo scopo di presentare il prodotto.

Attenzione, l’immagine ha il solo scopo di presentare il prodotto.

Cioè assomiglia al prodotto, ma non è proprio lui.

È abbellito, migliorato, altamente modificato.

Finto.

Una presa per il culo.

La foto qui sotto, ad esempio.

Il soggetto sono io. Certo. Ma nettamente migliorato.

Non sono così quando mi guardo allo specchio. E non parlo del mattino appena sveglia, parlo di ogni momento della mia giornata, anche truccata e preparata per uscire. Non sono mai così. Non ho quel colore di occhi, né quella pelle levigata e luminosa, nemmeno i capelli così lucidi.

È bene che si sappia.

E  non lo dico per qualche sottesa volontà di carpire complimenti tramite una strategia basata sulla psicologia inversa, lo dico perché è la verità.

La verità.

Incapparci ultimamente non è così facile.

Io per prima, pur credendomi scaltra, faccio fatica a riconoscerla.

Tipo, prendiamo Instagram.

Ecco, il mio rapporto con il sottoscritto ha avuto diverse fasi.

All’inizio mi ha ammaliata con la sua veste amarcord : mi ricordava Fotolog. Una piattaforma di quando ero ragazzetta dove si poteva postare una foto al giorno e scriverci due righe sotto. Praticamente la stessa dinamica ma senza nessuna particolare ambizione.

Poi, come da manuale delle storie a due, è cambiato.

Ha aumentato la spocchia e l’ego.

Il rapporto ha iniziato ad evolvere in queste modalità: io seduta sul divano totalmente sfaccendata che occupavo gran parte del mio tempo a guardare gente bella, che faceva cose interessantissime, che aveva continuamente cose da dire.

E le diceva tutti i santi giorni più volte al giorno, intervallando i monologhi con affermazioni su quanto lavoro avessero da fare.

E sempre io, che mi ritengo una persona immune alle manipolazioni ma forse dovrei parlare al passato, che mi deprimevo.

Mi sentivo inopportuna, le mie foto non erano mai abbastanza perfette, la mia casa una location di pochissimo appeal, le mie giornate banali. Mi sentivo più povera di quanto sono in realtà, più disadattata, più perdente, più insipida.

Stavo guardando delle vetrine come una bambina che ci appoggia mani e bocca senza poter comprare nulla nemmeno sfoderando il peggior capriccio della storia dei bambini capricciosi.

Lo stesso tipo di impotente frustrazione.

Mi chiedevo cosa avessi io di sbagliato, io che ho sempre pensato di avere un sacco di cose da dire, se non avevo ventimila persone ad ascoltarmi. Perché di certo ci doveva essere qualcosa in me se tutte queste persone che venivano dal nulla, che si erano fatte da sole ( perché ci tengono a ribadirlo strenuamente)  erano lì e io no.

Bene.

Poi ho capito che non c’era nessun lì.

Ed iniziato lo step successivo.

La nausea.

Il 90% delle cose che mi capita di ascoltare mi annoia. Mi sembra di averlo già sentito ovunque in salse diverse. Quando scorro le foto mi sembra di guardare le pubblicità di un giornale. Tutto alterato, potenziato.

E mi chiedo anche se le mie foto, quelle del mio lago, del finestrino dell’aereo o del mio letto disfatto possano veramente, se non essere di qualche utilità, almeno avere un che di interessante.

E probabilmente la risposta è no.

Sono egocentrica. Un’egocentrica con scarsa autostima. Probabilmente una combinazione al tritolo. Quindi continuerò a scrivere sperando che qualcuno legga, a mettere foto sperando che a qualcuno muovano qualcosa, ma cercherò di metterci tutta le verità possibile.

Io non lo so cosa si possa pensare guardando la vetrina che ho costruito io.

Quindi per non dare troppo spazio all’immaginazione dirò la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.

Lo giuro.

La mia, ovviamente, visto che non ne conosco altre.

Così se non sarà utile, sarà per lo meno inusuale.

 

 

– La foto qui sotto è stata fatta a Roma in un hotel. È una delle cento che un fotografo mio collega ha cercato di farmi. Una delle poche in cui sono venuta bene e non lo dico per dire. Sono stata al gioco perché avevo voglia di sentirmi bella guardando uno scatto ben riuscito. Ai tempi stavo con un uomo che mi tradiva e perché ci stavo ancora non lo sapevo nemmeno io. Ma forse avrei avuto voglia di sentirmi bella anche se non avessi avuto un fidanzato così pessimo. Non lo so. Ero al bancone del bar nella hall dell’hotel e mi vergognavo come una ladra, sdraiami sul marmo con lo sguardo ammiccante come era richiesto mi faceva sentire un’idiota. Ero stanca, ero lì perché avevo tre giorni di lavoro in fiera, sveglia alle 6.00, in piedi sui tacchi tutto il giorno e se va bene ti prendi anche qualche insulto gratuito perché il signor non sa chi sono io sclera e non sa con chi prendersela. Io rispondo, ovviamente, ma non è comunque piacevole. Non è come lavorare in miniera, certo, ma c’è pure di meglio. E grazie al cielo lo so. Volevo essere a letto in pigiama almeno dalle 11.00 del mattino. Ma mi sono fatta fare le foto da un fotografo bravo, mi sono imbarazzata, ho riso molto e mi sono sentita bella. E ne avevo bisogno. –

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